Strasburgo vota contro le modalità dei salvataggi. Troppo dure per i cittadini. E propone un Fondo monetario della Ue.
Mai più un’altra Troika. Non ha un valore legislativo, ma ne ha sì uno politico, la decisione degli europarlamentari che il 13 marzo hanno approvato due relazioni sul programma di salvataggio della Troika presentate dalla commissione Affari economici (Econ, approvata con 448 voti favore a 140, e 27 astensioni) e da quella per l'Occupazione (Empl,adottata con 408 voti favorevoli, 135 voti contrari e 63 astensioni).
IL PARLAMENTO IGNORATO.
Per la prima volta il parlamento europeo ha preso infatti una posizione ufficiale sulle misure di austerità imposte a Grecia, Cipro, Portogallo e Irlanda, condannando il modo in cui gli investitori internazionali - Fondo monetario internazionale (Fmi), Commissione europea e Banca centrale europea (Bce) - hanno gestito l’operazione.
«Il parlamento non è mai stato consultato, la Commissione non è stata guardiana dei Trattati e ha permesso che venisse messa la pistola alla tempia di governi e parlamenti», ha denunciato uno dei relatori della relazione Econ, il francese Liem Hoang Ngoc (Alleanza socialisti e demcoratici, S&D) .
SOLO PROGETTI COMUNITARI.
A quattro anni dall'inizio del programma di salvataggio (inaugurato con la Grecia nel 2010) e alla vigilia delle elezioni del 25 maggio - particolare non sfuggito ai più maliziosi che hanno denunciato il ritardo dell'iniziativa - il parlamento ha approvato due risoluzioni per dire che: «Mai più dovranno essere prese decisioni intergovernative sulla vita dei cittadini europei. Se mai ci sarà un'altra Troika, dovrà essere un progetto comunitario».
La difesa di Olli Rehn: «Solidità al posto di solidarietà»
Il ripensamento del programma è radicale: la Bce dovrà essere coinvolta solo come «osservatore silenzioso», il Fmi dovrà essere usato solo «se strettamente necessario» e al suo posto dovrà essere istituito un «Fondo monetario europeo» (Emf), la cui proposta dovrebbe essere presentata dalla Commissione entro la fine del 2014 .
Ogni Paese posto sotto il programma di salvataggio dovrebbe inoltre beneficiare di una «task force della crescita» per assicurare che i tagli di bilancio siano accompagnati da misure favorevoli alla ripresa dell'economia. Senza dimenticare di coinvolgere le parti sociali, i parlamenti nazionali e quello europeo per garantire maggiore responsabilità e trasparenza.
MAI PIÙ SOLO AUSTERITY.
L'obiettivo finale delle due relazioni è quello di fornire una serie di raccomandazioni per migliorare la situazione attuale ed evitare ulteriori disastri sociali in caso di crisi future. «Non vogliamo trovare un colpevole, ma capire gli errori commessi perché non si ripetano mai più», ha sottolineato il socialista spagnolo Alejandro Cercas, relatore della proposta presentata dalla commissione Empl, nonché il più critico nei confronti della troika: da mesi Cercas chiede infatti di sospendere al più presto i programmi.
«I nostri concittadini accusano l’Ue di mancanza di trasparenza ed efficacia», ha continuato Hoang Ngoc, «adottando questa relazione il parlamento può lanciare un segnale forte tracciando una rotta da seguire per il prossimo presidente della Commissione».
UN SEGNALE PER LA PROSSIMA GUIDA UE.
Direzione quanto mai utile, specie nel caso il prossimo capo dell’esecutivo europeo fosse il candidato del Ppe, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, «visto che molte decisioni sulla Troika sono state prese dall’Eurogruppo, di cui è stato presidente», ha ricordato Hoang Ngco.
Nell’attesa dei cambiamenti che arriveranno dopo le elezioni europee di maggio, la richiesta è limitare i danni. Serve subito un piano B: «Vogliamo uno studio della Commissione sulle conseguenze economiche e sociali dei programmi di austerità, perché si possa parlare di una zona euro, ma legittimata in maniera democratica», ha spiegato l’austriaco Othmar Karas del Ppe. L’unico tra i relatori a difendere in parte il programma di salvataggio.
«Questa crisi è stata la più grave dalla Seconda Guerra Mondiale», ha spiegato, «erano necessarie azioni immediate e l'Ue non era preparata: l'unica istituzione capace di reagire era il Fmi, non c'era un'alternativa».
Basta leggere i dati elaborati dalle organizzazioni a cui la commissione Empl ha chiesto una relazione dettagliata - quattro università, l'Ocse, il Consiglio d'Europa e i sindacati europei - per arrivare alla conclusione che «questa austerità e le riforme strutturali imposte hanno prodotto una catastrofe sociale», ha spiegato Cercas.
1,3 MILIONI DI PERSONE SENZA CIBO IN GRECIA.
«Sarebbe uno scandalo se nel consuntivo dei programmi della Troika si parlasse solo delle conseguenze economiche dimenticando quelle sociali», ha sottolineato ancora. In questi Paesi «il numero dei disoccupati è triplicato, oltre il 50% dei giovani è senza lavoro, migliaia di imprese sono fallite, c’è chi non ha più accesso nemmeno alle cure sanitarie. In Grecia 1,3 milioni di persone va a mangiare alla mensa dei poveri».
Ma il commissario per gli Affari economici Olli Rehn ha preferito non commentare. Prima del voto, nell’aula del parlamento di Strasburgo, ha difeso ancora una volta la Troika: «Quando ci si trova di fronte a una crisi improvvisa, anche esistenziale, si deve decidere nell'emergenza, con gli squilibri che questo comporta», ha detto.
LA DIFESA DI REHN.
L'obiettivo era «prevenire il default e in questo senso il programma ha segnato non l'inizio della crisi, ma l'inizio della soluzione», ha sottolineato. Il tutto racchiuso in uno slogan: «Solidità al posto della solidarietà».
Una scelta «difficile», ha ammesso, che alla fine però ha premiato: «L'economia europea non è crollata e nemmeno l'euro, la crescita è ripresa in Irlanda e Portogallo, la disoccupazione è iniziata a diminuire», ha continuato Rehn.
L'ottimismo non è condiviso da molti europarlamentari, che al commissario Rehn hanno ricordato come la disoccupazione sta diminuendo «perché più di 200 mila portoghesi con qualifiche sono emigrati. E perché molti non cercano più lavoro», ha denunciato la portoghese Ana Gomes (S&D).
PARLAMENTO DIVISO SULLA TROIKA.
«Dal 2009 l'Irlanda ha perso un quarto della popolazione, tutti ragazzi tra i 20 e i 29 anni», le ha fatto eco l'irlandese Emer Costello, (S&D), «il debito è al 120%, le perdite private delle banche irlandesi sono state scaricate su tutti i cittadini per evitare il contagio della zona euro».
Un dibattito acceso che ha visto i deputati dei 28 Paesi confrontarsi sulla troika: per alcuni causa dei problemi, per altri medicina inevitabile. «La casa europea era in fiamme, dovevamo intervenire certo, ma i pompieri non hanno lavorato bene», ha detto il belga Philippe Lamberts di Verts/Ale.
Secondo l'austriaco Ewald Stadler (Non iscritti), «il debito è aumentato e questa Troika ha solo comprato tempo, spalmando debiti, rischi e responsabilità sui contribuenti. Ma questo lo può fare anche un asino. Dal punto di vista strutturale non è cambiato nulla e ora questa pazzia viene istituzionalizzata».
ELIMINARE LA BANCAROTTA SOCIALE.
In parlamento c’è chi ha definito la troika, «inevitabile», come lo spagnolo del Ppe, Pablo Zalba Bidegain, chi ha invocato «un piano marshall per i Paesi del sud», ha chiesto il portoghese Rui Tavares di Verts/Ale.
Ma alla fine la richiesta è unanime: «L’Unione europea ha cercato di eliminare la bancarotta economica e finanziaria, ora faccia qualcosa per eliminare quella sociale». A partire da Atene, dove proprio nel giorno del voto del parlamento europeo, sono riprese le trattative sull'attuazione del piano per il risanamento dell'economia ellenica cominciate il 22 settembre scorso
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