miércoles, 23 de julio de 2014

«Allarme dai dati tedeschi Più incentivi per le riforme»


La presidenza dell'Unione comporta molti onori, ma anche alcuni oneri. Tra questi c'è l'audizione del governo dinanzi al Parlamento europeo. Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ne ha approfittato ieri per illustrare la strategia italiana di rilancio della crescita economica. Alcuni deputati hanno cercato di capire (con poco successo) cosa vuole Roma quando chiede flessibilità nell'uso del Patto di Stabilità. Altri hanno notato che questa richiesta presuppone promesse di riforme spesso disattese.

Secondo Padoan, la crisi finanziaria, economica e debitoria ha colto l'Europa già debole rispetto ai propri concorrenti internazionali. In un contesto di crescita bassa e di debito elevato, l'Unione deve quindi trovare un giusto equilibrio tra integrazione del mercato unico, risanamento di bilancio, riforme strutturali e nuovi investimenti pubblici e privati. «Dobbiamo – ha ribadito il ministro dinanzi alla Commissione affari economici del Parlamento europeo - uscire dal debito attraverso la crescita».
 
In questo contesto, il ministro ha quindi difeso la politica del Governo Renzi. Ha citato le numerose riforme promesse dall'Italia in campo istituzionale, fiscale, del mercato del lavoro e della pubblica amministrazione. Ha sottolineato, venendo incontro alle sensibilità della Commissione europea, che non è sufficiente approvare le riforme; bisogna altresì adottarle concretamente. «Se non vengono adottate i cittadini non possono toccare con mano i loro benefici».

Riguardo alle riforme del sistema giudiziario o della funzione pubblica, Padoan ha detto: «Sono riforme che servono a fare sì che le riforme possano funzionare». I deputati hanno cercato di capire dal ministro cosa vuole esattamente l'Italia quando il governo chiede maggiore flessibilità nell'applicare le regole del Patto di Stabilità. Le risposte, secondo molti deputati, sono sembrate evasive. Padoan ha ribadito che le norme non vanno cambiate, ma applicate «con lungimiranza».

«Le riforme richiedono tempo per dispiegare i loro effetti: non un anno, ma due o tre. Bisogna quindi tenere conto di come vengono adottate e quali sono i loro effetti». Ha poi proseguito Padoan: «Le riforme hanno un impatto sul ciclo economico, sul bilancio nazionale, sui bilanci dei vicini (…) La flessibilità deve servire per prendere in conto questi aspetti e trarre il massimo di una strategia incentrata sul rilancio dell'economia europea». Padoan non è entrato nei dettagli.

Commenta il popolare spagnolo Pablo Zalba Bidegain: «Flessibilità in cambio di riforme. Nulla di diverso rispetto a quanto è già stato fatto». Aggiunge l'ecologista tedesco Sven Giegold: «Ho trovato la presentazione di Padoan troppo convenzionale per un esponente di un governo guidato dal centro-sinistra». Puntualizza infine il popolare polacco Dariusz Rosati: «Condivido il circolo virtuoso illustrato da Padoan - risanamento, investimenti, riforme. Rimane da capire se le riforme vedranno la luce».

jueves, 10 de julio de 2014

I conservatori spagnoli in controtendenza: diamo piú tempo a chi ora é credibile



Un fantasma si aggira per la Europa. Si chiama «flessibilità» nella gestione dei bilanci pubblici. Alcuni la vogliono: per esempio Matteo Renzi, o François Hollande. Altri, la esorcizzano: per esempio Angela Merkel, o Manfred Weber, capogruppo tedesco del Ppe all Europarlamento che laltro giorno ha detto in faccia a Renzi il suo «no». Ma in quello stesso Ppe, non ci sono solo i tedeschi. Ci sono anche eurodeputati italiani, francesi, spagnoli, greci, portoghesi, per dirla alla buona l ala «latina». E fra loro, le opinioni non sono blindate. Né gli sguardi rivolti tutti al faro di Berlino. «Anche perché ci sono due tipi ben diversi di flessibilità, e questo dobbiamo intenderlo tutti» dice lo spagnolo Pablo Zalba da Pamplona, 39 anni come Renzi, economista con laurea all università di Navarra e master a Londra, attuale vicepresidente della Commissione per gli Affari economici e monetari dell Europarlamento.

Che cosa intende dire?

«Cè la flessibilità dei criteri, che a me non piace, e poi quella del tempo, il tempo che si può concedere per il rientro dal deficit».

Cominciamo dalla prima.

«Quando da noi il primo ministro Zapatero fece rifare i marciapiedi per contrastare la caduta della produttività, quello era da giudicare come un investimento produttivo, meritevole di flessibilità? Non credo proprio. E infatti la Spagna rimase ferma, o quasi».

E la flessibilità temporale, invece?

«Ne abbiamo avuto esempi importanti, e positivi: la Spagna ha avuto 3 anni in più per rimettersi a posto, lOlanda che ora protesta tanto ha anchessa chiesto e ottenuto un anno. Ma la flessibilità, condizionata e non generalizzata, deve accompagnarsi alla credibilità, diversamente non ha molto senso. Ed il principio generale è questo: dobbiamo essere molto stretti, attenti, nel criterio di valutazione, ma non nei limiti temporali. Dobbiamo cercare un equilibrio fra i diversi fattori».

Vale per tutti i Paesi?

«Mi rimetto ai fatti: come potrei oppormi a un Paese che si è guadagnato credibilità e che chiede un po di tempo in più per completare una missione sicuramente finalizzata alla crescita e non allo spreco? È venuto il momento di dirlo: le responsabilità nella gestione dei bilanci di alcuni Paesi hanno messo a rischio la sopravvivenza della zona euro, ma altrettanto ha fatto la mancanza di solidarietà».

È un po lesatto contrario di quello che sostiene la signora Merkel?

«Questo l ha detto lei».

Ed è un po diverso da ciò che sostiene il suo capogruppo Weber, certo che i «debiti distruggono il futuro», certissimo della sua piena consonanza di idee con Angela Merkel, e più certo ancora del fatto che la flessibilità è un rischio.

«Io esprimo una mia opinione. E ricordo che anche nel patto di Stabilità, come del resto dice la stessa signora Merkel, ci sono i margini per recuperare in alcuni casi una certa flessibilità temporale. Sa una cosa? La risposta più intelligente di tutte a questa domanda lha data Olli Rehn, lex commissario europeo agli Affari economici e monetari: il Patto non è stupido?, ha detto, e penso che abbia proprio ragione».